domenica 22 luglio 2012

Il luogo di Aimo e Nadia

Tra i ristoranti da provare almeno una volta nella vita c’è sicuramente il luogo di Aimo e Nadia. Nato nel 1962 in via Montecuccoli, zona periferica di Milano, dove tuttora ha sede, per volontà di Aimo Moroni e Nadia, che qui hanno trascorso una vita insieme come martito e moglie, oltre che come inseparabili collaboratori in cucina, da semplice trattoria, nel corso degli anni, si è trasformata in uno dei simboli della gastronomia top  milanese. Che, a differenza di quanto si possa immaginare, portafogli permettendo (conto sui 90/110 euro a testa, bevande escluse), può rivelarsi il luogo ideale anche per una cena in famiglia. Meglio però con figli non più in età da passeggino (i tre gradini all’ingresso del ristorante non sono forse lì per caso).
Nonostante l’interno del ristorante, come già si intuisce guardando la facciata d’ingresso del locale dall’esterno, ricordi una galleria d’arte (alle pareti quadri di Paolo Ferrari, sui tavoli sono disseminate sculture, le poltroncine riproducono scorci di paesaggi che fanno somigliare a piccoli gioielli di design) l’ambiente è molto familiare (basta non fare caso al continuo movimento dei camerieri). A far respirare aria di casa è soprattutto lui: Aimo. L’uomo che ha fatto la storia della cucina italiana e che ora, nonostante non sia più dietro i fornelli, dove vi ha trascorso quarant’anni con la moglie Nadia, rimane l’anima del locale, oltre che un anfitrione senza eguali (a guidare il ristorante ora c’è la figlia Stefania, insieme a Nicola Dell’Agnolo, maître di sala, e a Fabio Pisani e Alessandro Negrini, i giovani cuochi che hanno raccolto il testimone di Aimo e Nadia).
Con la sua voce pacata ed educata Aimo è sempre in sala, gira tra i tavoli e dispensa consigli e racconta aneddoti di vita (in ottant’anni di cosa ne avrà viste!). Ecco allora che come un qualsiasi nonno (Aimo ha tre nipotini di 3, 5 e 7 anni) si dimostra, lasciatemi dire con cognizione di causa, molto preoccupato sulla qualità del cibo usato nelle mense scolastiche (si sa che Aimo è uno dei più grandi selezionatori di materia prima); ci consiglia di portare il piccolo a Collodi (Aimo è di origine toscana) e mentre il bimbo dimostra d'apprezzare molto il pane intinto nell'olio di Nocellara del Belice, ricorda i tempi in cui da bambino quello era il suo pranzo.
Trovarsi così vicino a un mostro sacro della cucina devo dire fa un certo effetto (ovviamente solo a noi adulti, una volta pagato il conto Giulio si lascerà andare a uno spontaneo abbraccio con Aimo). Anche perché siamo o non siamo abituati a vederli (anzi a non vederli) sempre e solo in cucina.
E così mentre noi ci interroghiamo sul segreto del successo degli spaghetti al cipollotto, piatto cult del locale (in carta dal ’65); se era il caso di trasformare il Tiramisù in Tirami Sud, omaggio di Aimo ai 150 anni dell’Unità d’Italia e ai suopi sapori (il mascarpone Lombardo incontra i capperi di Pantelleria canditi al miele); su quale miscela di caffè scegliere (in lista ce ne sono ben tre tra cui optare), a riportarci alla realtà ci pensa il nostro piccolo di casa che, alla luce dei suoi sette anni, sintetizza così la serata: "Buonissima questa pasta al pomodoro".  Del resto quando una pasta è fatta con grandissime farine il condimento può anche essere un filo d'olio, anzi di pomodoro. Peccato solo che il conto sia così salato. 

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